La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25571 del 12 novembre 2020, ha confermato la correttezza dell’operato di un Ordine dei farmacisti e della decisione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie che avevano sanzionato con la sospensione dell’attività per 30 giorni un titolare di farmacia, per aver posto in essere una condotta atta a sviare la clientela mediante l’abbuono totale o parziale del pagamento di ticket obbligatori per legge, praticando, tra l’altro, differenti condizioni di sconto agli acquirenti.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 25571 del 12 novembre 2020, ha confermato la correttezza dell’operato di un Ordine dei farmacisti e della successiva decisione della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie che avevano sanzionato con la sospensione dell’attività per 30 giorni un titolare di farmacia, per aver posto in essere una condotta atta a sviare la clientela mediante l’abbuono totale o parziale del pagamento di ticket obbligatori per legge, praticando, tra l’altro, differenti condizioni di sconto agli acquirenti.
Il fatto
Successivamente ad apposite segnalazioni, il Presidente di un Ordine provinciale di farmacisti disponeva accertamenti a carico di un titolare di farmacia, nei cui riguardi era stata sporta denuncia-querela da parte di alcuni farmacisti per l’asserita violazione della corretta concorrenza, mediante un’azione produttiva di uno sviamento della clientela di altre farmacie della zona a favore della sua farmacia, utilizzando mezzi consistiti, principalmente, nell’ “abbuono (totale o parziale) ai clienti del ticket imposto dalla legge sulle prescrizioni farmaceutiche”.
Procedimento del Consiglio dell’Ordine
Il competente Consiglio dell’Ordine, ritenuto il comportamento del predetto farmacista in contrasto con gli artt. 2, comma 1, (obbligo di conformità al Codice deontologico), 3, comma 2-lett. b) (divieto di concorrenza sleale), 27, comma 1, (rispetto della Convenzione farmaceutica) e 37, comma 5, (rispetto delle leggi che disciplinano l’attività del farmacista) del codice deontologico, deliberava l’avvio di un procedimento disciplinare nei suoi confronti contestandogli i seguenti addebiti:
1) aver omesso di riscuotere, in parte o del tutto, le quote di partecipazione a carico dell’assistito relative a ricette spedite in regime di convenzione con il SSN, violando l’art. 3, comma 2, del d.P.R. 8 luglio 1998, n. 371 (“Regolamento recante norme concernenti l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie pubbliche e private”);
2) aver praticato sui farmaci di cui all’art. 8, comma 10-lett. c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e succ. modif., differenti condizioni di sconto agli acquirenti, in violazione dell’art. 32, comma 4, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (“Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”), conv. nella legge n. 241/2011;
3) aver posto in essere atti configuranti concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c. .
Lo stesso Consiglio dell’Ordine, ravvisata la sussistenza degli illeciti a lui contestati, deliberava di irrogare la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione di farmacista per la durata di 45 giorni.
Procedimento innanzi alla Commissione centrale esercenti professioni sanitarie
Il titolare di farmacia impugnava la decisione del Consiglio dell’Ordine dinanzi alla Commisione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie. L’adita Commissione centrale, con decisione n. 60 del 2018, rigettava il ricorso con riferimento alla sua richiesta principale, confermando la sussistenza dei contestati illeciti disciplinari a carico del ricorrente e lo accoglieva in ordine a quella formulata in via subordinata, disponendo la riduzione della sanzione a quella della sospensione per 30 giorni.
La Corte di Cassazione
Avverso la suddetta decisione della Commissione centrale per le professioni sanitarie il titolare di farmacia aveva proposto ricorso per Cassazione. La suprema Corte respingeva integralmente il ricorso, confermando la correttezza decisione della commissione centrale Secondo la Corte di Cassazione “la decisione impugnata risulta basata sulla valutazione delle prove emerse a carico del ricorrente (anche “per relationem”) e sulla ravvisata configurazione degli illeciti disciplinari a lui contestati.” Inoltre secondo la Cassazione, la Commissione centrale, nel valutare la sanzione da comminare, aveva provveduto ad accertarne l’adeguatezza e la proporzionalità.