i 5 referendum del 12 giugno

Il prossimo 12 giugno, i cittadini italiani che hanno diritto di voto potranno recarsi alle urne per votare i referendum sulla giustizia. I quesiti referendari nascono dalla raccolta firme promossa dai partiti della Lega e dei Radicali italiani  e sono stati dichiarati ammissibili dalla Corte Costituzionale lo scorso 16 febbraio. Per la validità del referendum abrogativo l’art.75 della Costituzione stabilisce che la proposta soggetta a referendum è approvata se ha votato la maggioranza (50%+1) degli aventi diritto al voto e se è raggiunta la maggioranza (50%+1) dei voti validamente espressi.

I quesiti referendari che i cittadini troveranno alle urne sono 5. Il Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Ufficio emittente – Direzione Centrale per i Servizi Elettorali ha assegnato ad ogni quesito referendario una scheda dal colore diverso. I colori delle schede dei cinque referendum sono i seguenti: • referendum n. 1 – rosso; • referendum n. 2 – arancione; • referendum n. 3 – giallo; • referendum n. 4 – grigio; • referendum n. 5 – verde. 

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Il primo quesito referendario ha ad oggetto l’abrogazione del D. Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 – Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190 – . Nota anche come “Legge Severino” (dal nome dell’allora Ministro della Giustizia sotto il Governo Monti), la novella introdusse, diverse, disposizioni in merito all’incandidabilità circa l’assunzione di incarichi politici determinando la decadenza del politico stesso dal mandato nel caso di condanna. Si troverà nella scheda di colore rosso e qualora vincesse il SI, verrebbe meno l’automatismo determinando l’abrogazione del suddetto decreto. Di fatto ritorna ad essere il giudice che in caso di condanna chiede l’applicazione o meno dell’interdizione dai pubblici uffici, cessando il decadimento e/o l’automatica ineleggibilità.

  1. Quesito referendario numero 1: abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. (cd. “legge Severino”). (Scheda rossa)
  2. Quesito referendario numero 2: limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art.274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale. (Scheda arancione)
  3. Quesito referendario numero 3: separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati. (scheda gialla)
  4. Quesito referendario numero 4: partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte. (Scheda grigia)
  5. Quesito referendario numero 5: abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. (Scheda verde)

    Al fondo dell’articolo troverete le opinioni a favore del Si e del NO

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Il primo quesito referendario ha ad oggetto l’abrogazione del D. Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 – Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190 – . Nota anche come “Legge Severino” (dal nome dell’allora Ministro della Giustizia sotto il Governo Monti), la novella introdusse, diverse, disposizioni in merito all’incandidabilità circa l’assunzione di incarichi politici determinando la decadenza del politico stesso dal mandato nel caso di condanna. Si troverà nella scheda di colore rosso e qualora vincesse il SI, verrebbe meno l’automatismo determinando l’abrogazione del suddetto decreto. Di fatto ritorna ad essere il giudice che in caso di condanna chiede l’applicazione o meno dell’interdizione dai pubblici uffici, cessando il decadimento e/o l’automatica ineleggibilità.

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Il secondo quesito referendario ha ad oggetto la limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art.274, comma 1, lettera c), c.p.p., in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale. Le misure cautelari sono provvedimenti immediatamente esecutivi dal carattere provvisorio, disposti dall’autorità giudiziaria, qualora ritenga sussistente il pericolo, che nella fase delle indagini preliminari o nel corso del processo, possano realizzarsi situazioni in grado di nuocere all’esercizio della funzione giurisdizionale. Il codice di rito prevede due tipologie di misure cautelari: quelle personali, che incidono sulla libertà dell’indagato e quelle reali, che si riverberano sulla libertà di disporre dei propri averi. Affinché si possa avere una misura cautelare, deve sussistere uno dei  3 seguenti elementi di garanzia: il pericolo di ripetere il reato; il pericolo di fuga; inquinamento delle prove. Si troverà nella scheda di colore arancione e qualora vincesse il SI, si porrebbe un argine alla carcerazione preventiva, di cui in Italia si fa un largo uso (i promotori del referendum parlano di “abuso”) per giustificare l’arresto. L’arresto preventivo è da sempre osteggiato dalla classe forense come una violazione dell’art. 27 della Costituzione.

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Il terzo quesito referendario ha ad oggetto la separazione delle carriere dei magistrati. Il nostro sistema giudiziario si basa sulla separazione delle parti processuali. Al Pubblico Ministero che rappresenta l’accusa, ovvero l’interesse dello Stato alla repressione dei reati si contrappone la figura dell’avvocato che esercita la propria professione, dando attuazione al diritto di difesa, in ottemperanza del dettato costituzionale di cui all’art. 24 della Costituzione. Tali parti processuali discutono dinanzi al giudice che è una figura super partes. Tuttavia, accede nel nostro sistema che un magistrato dopo aver svolto funzioni investigative (cd. magistratura requirente) eserciti la funzione di giudice terzo (cd. magistratura giudicante). Si troverà nella scheda di colore giallo e qualora vincesse il SI, il magistrato dovrà scegliere già all’inizio della propria carriera la funzione che vuole svolgere: mantenendo per tutta la durata professionale della propria carriera la funzione giudicante o requirente, senza possibilità di mutarne la natura successivamente.

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Il quarto quesito referendario ha ad oggetto l’abrogazione delle competenze afferenti i membri laici dei Consigli giudiziari. Ad oggi la valutazione in merito alla competenza e alla professionalità dei magistrati viene compiuta solamente dai magistrati che compongono i Consigli e non dai membri laici. Si troverà nella scheda di colore grigio e qualora vincesse il SI anche avvocati e professori universitari verrebbero chiamati ad esprimersi sul giudizio nei confronti dei magistrati, uscendo, di fatto, da quel meccanismo di chiusura che ha indicato, a dire dei diversi promotori del referendum, nella magistratura un organo autoreferenziale.

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Il quinto e ultimo quesito referendario mira a modificare le modalità con cui si eleggono i membri del CSM. Il CSM  è l’organo di amministrazione della giurisdizione, di garanzia dell’autonomia e dell’indipen-denza dei magistrati ordinari. Il quesito referendario mira  a modificare le modalità di elezione inerente la maggioranza togata. I promotori del referendum puntano a depotenziare le correnti mirando ad un CSM che sia il più possibile laico, non seguendo più logiche di interesse che vanno a discapito del merito e della delicata funzione che sono chiamati a svolgere i magistrati. Si troverà nella scheda di colore verde e qualora vincesse il SI verrebbe espunta la raccolta firme ripristinando la legge risalente al 1958, la quale attribuita ai magistrati nell’esercizio delle proprie funzioni di proporsi alle elezioni come membri del Consiglio Superiore della Magistratura mediante la semplice candidatura. I promotori e i comitati per il sì ritengono che con il quesito in scrutinio si faccia tornare al centro del sistema giustizia la figura del magistrato indipendente e scevro da ogni condizionamento di corrente o politico.

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